Appunti e riflessioni sulla sentenza del Tribunale di Avezzano sez I dell’08.02.2019 n. 61

Com’ è noto, Il mutuo è un contratto specifico, disciplinato dal Codice Civile, all’art. 1813, il quale dispone: “il mutuo è il contratto col quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.

E’, chiaro pertanto che il mutuo sia il principale contratto di prestito stipulato al fine di trasferire soldi da un soggetto ad un altro, e di consentire alla persona che chiede il prestito di usufruire dei benefici del poter acquistare ciò di cui ha bisogno.

Anche se il mutuatario diventa proprietario del denaro che gli è stato dato in prestito, il mutuo è ovviamente a titolo oneroso. Infatti, il richiedente, dopo essere entrato in possesso di una certa somma di denaro, dovrà far fronte al pagamento delle rate di restituzione, alle quali verrà associato un costo: gli interessi – proporzionati alla consistenza del mutuo ed alla sua durata.

Il contratto di mutuo, essendo un contratto “reale”, si perfeziona con la consegna della somma mutuata ed è da tale momento che sorge l’obbligo di rimborso in capo al mutuatario. Ne deriva che il contratto di mutuo possa ritenersi titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3 c.p.c., solo qualora risulti l’effettiva dazione della somma nelle forme previste dalla norma prefata.

Ciò posto, quando si verta in tema di patologia del contratto di mutuo – ossia nella situazione in cui l’istituto mutuante a fronte di una persistente morosità del debitore, decida di attivare le procedure esecutive per vendere all’asta la casa oggetto del finanziamento e rientrare in possesso degli importi dati a mutuo –  è ovvio che per la Banca risulti molto più conveniente precettare l’importo dato a mutuo utilizzandolo come titolo esecutivo, piuttosto che giungere a tale stadio attraverso un ordinario processo di cognizione che richiede molto tempo.

Alla luce delle superiori argomentazioni,  la giurisprudenza sovente ha escluso che possa costituire titolo esecutivo un contratto di mutuo ove l’erogazione della somma, sia condizionata all’adempimento di una serie di formalità da parte del mutuatario, (o fintantoché, quest’ultimo, non avesse trascritto l’ipoteca sull’immobile) di cui non venga fornita la prova nella forma dell’atto ricevuto da Notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, mancando in tali ipotesi proprio il requisito della traditio necessaria per il perfezionamento del mutuo e la conseguente insorgenza dell’obbligazione di restituzione della somma mutuata. E, pertanto, va pronunciata l’estinzione della procedura esecutiva ricorrendo i gravi motivi previsti dall’art. 624 c.p.c.

Infatti, un contratto con le caratteristiche di cui infra non è qualificabile quale titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 comma 3 c.p.c., essendo privo dell’attestazione della erogazione della somma mutuata tramite separato atto pubblico o la quietanza tramite scrittura privata autenticata, sicché, in mancanza di prova dell’erogazione, non può essere idoneo a dimostrare l’esigibilità dell’obbligo di rimborso della somma mutuata.

Esattamente del medesimo avviso, e seguendo precedenti filoni giurisprudenziali, è  la Sentenza del Tribunale di Avezzano dell’8 febbraio 2019 n. 61, che definitivamente pronunciando ha dichiarato l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare incardinata dalla banca, in forza di un mutuo che non poteva essere utilizzato come titolo esecutivo, poiché includeva una clausola per la quale il mutuatario non avrebbe potuto prelevare, dal suo conto la somma mutuata fintantoché non avesse trascritto l’ipoteca sull’immobile.

                La sentenza in commento ha il pregio però, di andare oltre la mera affermazione di qualificare il mutuo oggetto della controversia quale condizionato per la mancanza dell’effettiva consegna della somma mutuata in capo al mutuatario, in forza della quale pertanto, il momento perfezionativo del contratto è procrastinato all’adempimento di una serie di condizioni.

Infatti, il Tribunale Abruzzese distingue con fervida destrezza la superiore fattispecie –  in forza della quale il mutuo condizionato non vale ad assolvere alla funzione di titolo esecutivo – da quella, dai confini labili,”… in cui il contratto di mutuo attesti da un lato, l’effettiva erogazione della somma mediante dichiarazione di quietanza, e dall’altro costituisca sulla somma mutuata un vincolo di indisponibilità in capo al mutuatario avente autonomo titolo giuridico …” Poiché la giurisprudenza, “…ha tradizionalmente considerato idonea qualunque forma di consegna capace di determinare il conseguimento della disponibilità giuridica della somma oggetto del mutuo in capo al destinatario, con creazione a suo favore di un autonomo titolo di disponibilità…”

Infatti, mentre nel primo caso, quello del mutuo condizionato, si viene a configurare una sorta di condizione sospensiva del conseguimento della disponibilità della somma da parte del mutuatario, il quale non effettua alcuna dichiarazione di volontà circa la costituzione di un nuovo vincolo sulla somma di denaro,nella seconda ipotesi, le parti danno atto della riconsegna alla Banca della medesima somma, costituendola in deposito cauzionale infruttifero presso l’istituto bancario a garanzia dell’adempimento da parte del mutuatario degli obblighi previsti a suo carico dal contratto, poiché in quest’ultimo circostanza si rinviene un’espressa costituzione da parte del mutuatario di un diverso titolo di deposito della stessa somma presso la Banca, il che presuppone che ne abbia acquistato la disponibilità giuridica.